L’eredità stilistica di Jane Birkin

Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere qualcosa su Jane Birkin, perché volevo riordinare le idee su quanto effettivamente ci lascia quest’icona di stile anni ’70 che se n’è andata qualche giorno fa, con la grazia naturale che l’ha sempre contraddistinta.

Londinese di nascita e parigina d’adozione, attrice, cantante, regista, la bellissima compagna di Serge Gainsbourg, con il suo look tanto semplice quanto dirompente, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della moda, senza in realtà volerlo mai fare di proposito, ma solo per la sua grande capacità di essere se stessa.

Spontanea, a tratti timida, ma senza timore di esprimersi con naturalezza e con audacia, con la sua frangetta e la sua aria innocente, diventò subito un’ispirazione per le giovani di tutto il globo.

Jane Birkin proveniva da una famiglia impegnata nell’industria inglese del merletto, retaggio che probabilmente le fornì l’acuminata sensibilità stilistica che naturalmente possedeva.

Rivoluzionaria nel suo modo di portare abiti cortissimi, trasparenze e minigonne con una naturalezza che ne estingueva la tanto osteggiata «provocatorietà», Jane Birkin aveva uno stile del tutto personale, un mix del casual britannico e dell’eleganza parigina in grado di rubare l’attenzione dei rotocalchi pur avendo un approccio molto essenziale al proprio look, che spesso creava per sottrazione, come quando chiese che le fosse accorciato un abito Paco Rabanne in modo che sembrasse una maglietta lunga, più che un tubino.

Amava indossare jeans e top bianchi, pantaloni a zampa dalla vita bassa, blazer, abiti crochet ed il famoso cestino di vimini, sempre al polso, come segno distintivo a cui non rinunciava mai. A parte in un’occasione, a dire la verità , nel 1984, quando prese un aereo indossando una borsa di Hermès, precisamente il modello Kelly, che però non trovava abbastanza comoda.

Per uno scherzo del destino l’uomo che durante il volo le sedeva accanto era proprio Jean Louis Dumas, direttore creativo della maison, che, sentendola lamentarsi, le propose di disegnare insieme a lui un modello più pratico e capiente, quella che poi diventò il celeberrimo modello Birkin.

Il rapporto con la maison divenne poi più controverso, dato che nel 2015 Jane Birkin chiese ad Hermès di rimuovere il suo nome dal modello per protesta contro trattamento crudele dei coccodrilli da parte del marchio, gesto che ne descrive a pieno il carattere indipendente e impegnato.

Quello che però ci lascia di più prezioso Jane Birkin non è un modello di borsa o uno stile da copiare, ma è una lezione su come lo stile debba essere essenzialmente una comunicazione di quello che siamo dentro, dei nostri valori, del nostro modo di essere.

Ogni dettaglio deve essere scelto proprio in virtù del fatto che in quell’oggetto riconosciamo un pò di noi e non per attribuirci i valori di qualcun’altro, che sia uno stilista, un commesso di un negozio o un consulente d’immagine (quale sono).

Un percorso d’immagine, per come lo intendo io, dovrebbe infatti essere, prima di tutto, un meraviglioso percorso di accompagnamento alla scoperta di noi stessi e di quello che abbiamo da dire, di allineamento tra quello che siamo e quello che appariamo, e non un incasellarsi dentro un regola.

Deve essere un viaggio, un’analisi profonda, uno strumento, non un make-over fatto di imposizioni.

Quindi grazie Jane, per quello che, inconsapevolmente, ci lasci.

Ne faremo tesoro.

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